Quando si viaggia un po', capita di
trovarsi a bere qualcosa seduto all'esterno di un bar in una piazza.
Magari la piazza non è in ZTL, quindi c'è il rumore del traffico
che la attraversa. Magari i bar sono più di uno, ed ognuno di essi
offre agli avventori la propria musica. Quindi abbiamo il traffico,
le 4 musiche diverse e la gente che parla a voce alta per sovrastare
entrambi i rumori.
Questo mi sembra spesso diventato il mondo dei
social, soprattutto negli ultimi mesi.
Personalmente ho
individuato almeno 3 fonti di rumore.
In primo luogo internet dà la
possibilità potenzialmente a tutti di esternare la propria opinione:
medicina, chirurgia, ingegneria, economia, diplomazia, costituzione,
diritto non sono più materie riservate a medici, chirurghi,
ingegneri, giuristi e, tra questi,le situazioni più delicate ai più
esperti. Rimasi colpito, anni fa, da un gruppo di commentatrici che
attaccavano il fidanzato di una vittima del Bataclan, confutandone la
versione riportata dal titolo ANSA “è spirata tra le mie braccia”:
oggetto del contendere era “come ha fatto a morire tra le sue
braccia, se è stata trovata in un ospedale”. Mi colpì l'assoluta
indelicatezza con cui accusavano il fidanzato di raccontare frottole.
Nel loro sacro fuoco della verità, non si ponevano il problema che,
durante un funerale, non sta bene mettersi a sindacare sul colore dei
fiori o sull'omelia. Può sembrare un problema da poco, quando si
pensa che nelle facoltà di medicina verranno formati medici seri da
medici seri e competenti, e i medici scarsi saranno un errore casuale
inevitabile, statisticamente parlando, idem per gli ingegneri e per
gli avvocati. Eppure sconcerta pensare come certe parole perdano di
significato, o vengano sdoganate nei contesti più dannosi proprio
perchè le persone non sanno usarle correttamente, o non sanno
dosarle. Da qui la mancata distinzione tra migrante e clandestino, o
una distinzione totalmente arbitraria. Ecco quindi che un politico
che compie una determinata azione di protesta o di garanzia dei
diritti umani diventa un “traditore della patria” perchè in quel
determinato momento si occupa di uno straniero sul suolo italiano e
non degli italiani in difficoltà. Tutto questo senza pensare a quali
pulsioni possa scatenare la parola “traditore” in un paese e in
una società che da tempo è in cerca di un'identità e difficilmente
è disposta a cambiare il paradigma della propria esistenza
ferocemente individualista.
Da questa prima fonte di rumore,
scaturisce la seconda: la perdita del comune senso del pudore
riguardo la propria ignoranza (non so, dunque mi fido di chi ne sa di
più) porta a sentirsi onnipotenti, come un adolescente che inizia a
sentirsi grande, fa pensieri profondi ma ancora fa le superiori e la
sua massima idea di indipendenza è la patente A1. Complice il non
vedere fisicamente l'interlocutore, si arriva a livelli di inciviltà
che a volte fatico ad accettare.
Solo questa mattina mi sono
imbattuto in un tizio che ci accusava, “soprattutto le donne” di
stare sotto il suo commento a “vomitare empatia”. La cosa
preoccupante è che si vantava di essere laureato: questo tipo di
commenti è per me la dimostrazione del fallimento dell'università,
della società e secondo alcuni, pure dell'evoluzione. Secondo alcuni
studiosi, infatti, narcisisti e sociopatici (privi di empatia per
definizione) servono alla conservazione della specie.
Un altro,
sotto ad un post che descriveva la vicenda di un giovane studente
suicidatosi per essere stato espulso dal paese, recitava “se si è
suicidato è solo colpa sua”.
Questo per non accennare ai commenti
che parlano di giovani palestrati anche di fronte alle storie di
madri e bambini, di fotomontaggi davanti alle foto di bambini morti,
di “cibo sano” a riguardo di 4 crocchette di pesce e due piselli
lessi, di “stanno bene al caldo” a fronte di decine di persone
ammassate sul ponte di una nave in pieno inverno. Mi domando se
queste affermazioni derivino da una ferma volontà di negare una
realtà che fa male e fa sentire in colpa, o da semplice ignoranza e
incapacità di osservazione.
A tutto questo si aggiungono le
bufale, sinonimo italiano di fake news: a volte hanno un chiaro
intento scherzoso: foto di Spike Lee, Samuel L. Jackson, Pietro
Pacciani con commenti che invitano alla condivisione denunciando
scandali e facendoli passare per poveri pensionati o artigiani
vessati, o personaggi già morti (Kurt Kobain, Jim Morrison) che
annunciano azioni di protesta contro il governo; a volte sono foto
palesemente false, come quella che ritrae un campo profughi in Libano
coperto di neve, e la denuncia che il governo (o più spesso il PD)
non fa nulla per le zone terremotate (sulla differenza tra le colpe
del PD reali e le colpe del PD percepite farò un post a parte,
promesso); altre volte sono notizie completamente false e
diffamatorie: la sorella di Laura Boldrini -morta anni fa- che
gestisce 400 cooperative per clandestini; la cognata del cugino di
Renzi che viene assunta come portaborse a 12.000 euro al mese. È
chiaro che nessuno di questi sa come funzionano queste cooperative, o
qual è il ruolo e il costo di un portaborse, eppure ci si sente in
dovere - diritto di dire la propria su ogni chiacchiera di corridoio
che si intercetta.
Queste prime due fonti di rumore sono
accomunate da una caratteristica: un lessico poverissimo e una
capacità di argomentare ancora più povera: fotomontaggio, rosicare,
pidiota, buonista, radical chic, Rolex, clandestini...
Per
inciso, non volevo parlare di immigrati, ma sono lo specchio più
evidente della situazione in cui ci troviamo. C'è da dire anche che
sono degli anni che alcuni tg martellano subdolamente sul problema
sicurezza, con dovizia di particolari su furti, omicidi, attentati,
disastri naturali, scenari futuri preoccupanti. Magari subito uno non
se ne accorge, il prodotto è confezionato in modo accattivante dopo
un gioco a premi divertente e giorno dopo giorno il malcapitato
spettatore si crede immerso in un mondo orribile, popolato solo di
ladri, truffatori, gente spietata e inefficienze.
Infine, c'è la parte “buona”.
Quella a cui piace ragionare. Quella che in politica si situerebbe
nel settore dei progressisti. Quella che si lacera dall'interno a
forza di confrontarsi tra colleghi. Quella che ora è in minoranza, o
forse no. Quella che secondo me è in maggioranza ma non riesce ad
unirsi.
Ecco, per tentare di unirsi si potrebbe iniziare a fare
una cosa: evitare di scendere nel loro campo. Chi vota gli avversari
non è “ritardato”, “mongoloide” o “minus habens”. È
incazzato con te, caro medioprogressista, perchè segui le politiche
dei conservatori sperando nell'elemosina di qualche voto dai vicini
di casa. E attaccandolo con la tua frustrazione a suon di insulti lo
convinci di essere nel giusto, causando da solo la prossima catena
con una foto di un Balotelli clandestino che se la spassa in hotel e
si lamenta per il wi-fi.